IL MONDO DELL’ALTO COMINCIA A MUOVERSI- di Giuseppe Baguzzi

Archiviate le lacrime di Gimbo Tamberi per lo sfortunato infortunio patito a Montecarlo, che lo ha privato di un ruolo di primissimo piano ai prossimi giochi olimpici di Rio, il “mondo” dell’alto ha cominciato a sparare le prime cannonate. Manca meno di un mese ed ora si cerca di affinare la forma, mettendo a posto gli ultimi dettagli tecnici.

Sulla pedana dell’impronunciabile cittadina ungherese di Szèkesfehèrvar il bahamense Donald Thomas, ora trentaduenne, ha ritoccato lunedì il proprio limite (che risaliva a Osaka 2007 quando vinse il titolo iridato con 2.35…) saltando 2.37 e battendo Bondarenko, fermo a 2.34. Un ritorno imprevisto, come lo era stato quel lontano successo, per l’ex cestista della Auburn University prestato alle pedane, che si mise in evidenza il 22 gennaio 2006, ventiduenne, a Charleston-IL sorvolando 2.22 con le scarpette da.. ginnastica. Era la prima volta che provava il salto in alto in palestra. Ha voluto ricordare a tutti che lui c’è ancora.

Analogamente domenica a Eberstadt in  Germania il canadese Drouin, reduce da uno scarso 2.27 a Montecarlo, si è issato a 2.38 rilanciando la propria candidatura per il podio di Rio, lui che ha un pb di 2.40, ma soprattutto battendo Barshim, arenatosi a 2.34. La sua gara è stata perfetta, dato che ha saltato tutte le misure alla prima prova fino al 2.38 che gli è valso il successo. Di fronte a tale prestazione Barshim le ha provate tutte, cercando l’impossibile e tentando via via 2.36-2.38 e 2.40 per raddrizzare la situazione. Giova ricordare che Drouin lo scorso anno a Eberstadt si impose con 2.37 (pari quota con Gimbo Tamberi) e poi vinse il titolo iridato a Pechino…

Per quanto riguarda le ragazze, sabato sempre a Eberstadt la tedesca Jungfleisch ha saltato l’asticella posta a 2 metri, pb e seconda prestazione stagionale (dopo il 2.01 della mammina statunitense Chaunte Lowe). Le nostre Trost e Rossit sono avvisate: la concorrenza è sempre più agguerrita.

                                         di Giuseppe Baguzzi

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