Grandi sfide del salto in alto: Stones vs Wszola (1976-78) e Babakova (91-04) vs Yelesina (90-03)- di Giuseppe Baguzzi

 

Dwight Stones

 

 

Verso la fine degli anni Settanta due coppie di jumpers monopolizzano le graduatorie mondiali.

La prima è quella composta dallo statunitense Stones e dal polacco Wszola a suon di record mondiale.

Dwight Stones, californiano, nato nel 1953, sale alla ribalta internazionale vincendo a soli 19 anni i Trials statunitensi di Eugene con 2.21 guadagnandosi così la partecipazione ai giochi di Monaco dove si classifica terzo ripetendo il 2.21. Poi la sua carriera, iniziata sulle orme di Fosbury, durerà una ventina d’anni, tantissimo per un jumper dai muscoli di seta, vincendo tutto quello che si poteva vincere sulle pedane del mondo. Tutto, meno l’oro olimpico. Ci prova nel 72 a Monaco (terzo), ma era ancora troppo giovane e inesperto. Ci riprova nel 76 a Montreal. Si presenta nella città canadese come il netto favorito, forte dall’aver migliorato il WR in giugno a Filadelfia portandolo a 2.31 e laureandosi campione Ncaa. Ma nei giorni precedenti la gara commette la leggerezza di.. parlar male della parte francofona del Canada. In pedana si ritrova contro tutto il pubblico, che ad ogni tentativo lo subissa di fischi e cori impedendogli la concentrazione. Anche se i veri nemici sono la pioggia ed un saltatore europeo emergente, di cui parleremo tra poco. Così in gara Stones non va più in là di un misero (per lui) 2.21… e finisce solo terzo. Il bronzo non può bastargli. Quattro giorni dopo sfoga la sua rabbia per il mancato alloro, torna a Filadelfia e migliora il WR portandolo a 2.32. Non può riprovarci ai giochi di Mosca del 1980 per il noto boicottaggio degli USA. Nel 1984 a Los Angeles si presenta l’occasione giusta: gioca (meglio: salta) in casa, è giunto all’apice della carriera con i suoi 31 anni, vince i Trials di Los Angeles il 24 giugno sulla stessa pedana dei giochi stabilendo il suo personal-best a 2.34 e tentando addirittura 2.37, conferma la sua forma ai primi di agosto saltando 2.33 a Pasadena il 2 e poi 2.32 a Filadelfia il 4, esattamente una settimana prima della data prevista per la finale. Non solo: in risposta allo sgarbo di 4 anni prima a Mosca, non ci sono i paesi del blocco sovietico (tranne la Cina), e inoltre gli Usa hanno… fame di medaglie dopo il lungo digiuno. Ci sono tutti gli ingredienti, dunque, perché stavolta l’impresa debba riuscire.

In pedana a Los Angeles l’11 agosto, giorno della finale, Stones ha di fronte tutta l’Europa e la Cina. Non c’è il polacco di otto anni prima a Montreal, non ci sono i russi ma ci sono due tedeschi occidentali: Mogenburg e Trahnardt, tre cinesi (tra cui il primatista mondiale Zhu Yanhua giunto a 2.39…) e uno svedese, Sjoberg, tutti coalizzati contro di lui. Fino a 2.31 Stones resiste con i denti, ma quando Mogenburg salta 2.33 alla prima prova e Sioberg alla seconda, mentre lui sbaglia, allora capisce che è finita. Finirà fuori dal podio, battuto anche dal cinese.

L’11 luglio 1973 a Monaco di Baviera nel match Germania Federale-Usa Stones era stato il primo jumper a superare la barra a 2.30 migliorando il WR di Matzdorf. Salterà ancora 2.26 nel 1988 alla bella età di 35 anni, ma non riuscirà a qualificarsi per i giochi di Seoul dello stesso anno.

A fine carriera diventa telecronista sportivo. Rimarrà nel ricordo di tutti gli appassionati di atletica per la sua personalissima preparazione del salto, nella quale ritmava con gli occhi e la testa i passi della rincorsa e il momento dello stacco.

Il polacco Jacek Wszola nasce a Varsavia il penultimo giorno dell’anno 1956, quindi è di tre anni più giovane di Stones, ma già a 18 anni dimostra le sue doti saltando 2.20 a Kassel e 2.19 agli europei di Roma. A 19 anni sale a 2.22 agli europei juniores di Atene e nel 1976 vince l’oro olimpico a Montreal, unico a saltare 2.25 sotto la pioggia, davanti al canadese Joy e a Stones. Sarà il più giovane vincitore del salto in alto alle Olimpiadi all’età di 19 anni e 214 giorni!!! Dopo i giochi batte il record europeo con 2.29 a Coblenza. La sua stagione più eclatante è il 1980: prima salta 2.30 al coperto poi il 25 maggio a Eberstadt stabilisce il WR superando 2.35 alla prima prova: tiene il record “in solitario” per il breve arco di… un giorno, perché il 26 maggio il tedesco Mogenburg, ancora junior, lo eguaglia a Rehlingen. Ai giochi di Mosca Wszola deve accontentarsi dell’argento con 2.31, alle spalle del tedesco orientale Wessig che con 2.36 gli scippa pure il primato mondiale. Un oro e un argento in due olimpiadi non è un bilancio tanto malvagio…. O no?

DONNE

Due saltatrici dell’Est sono tra le protagoniste della scena europea negli anni Novanta. Anche se hanno tre anni di età di differenza, la loro carriera si snoda quasi parallelamente al termine delle categorie giovanili che le separavano.

Inga Babakova nasce in Turkmenistan (a Ashkabat il 27 giugno 1967) da famiglia lituana ma residente in Ucraina, da cui la nazionalità. Si sposa giovanissima, a 22 anni, quando aveva un record di 1.92 ottenuto l’anno prima, e subito rimane incinta. Nel 1990 nasce un maschietto, Georgy, e la mammina perde l’intera stagione. Ma Inga è molto decisa e intende proseguire la carriera di saltatrice dove pensa di ben figurare. E incrementa subito il pb di ben 10 centimetri perchè nel 91 conquista prima la medaglia di bronzo con 1.96 ai mondiali di Tokyo di fine agosto e dieci giorni dopo a Berlino sale addirittura a 2.02. Ma è poco fortunata: nei successivi otto anni sale altre quattro volte sul podio ma non sul gradino più alto. E’ terza ai mondiali indoor di Toronto del 93, poi ancora bronzo con 1.99 ai mondiali estivi di Goteborg 95 e con 2.01 ai giochi olimpici di Atlanta 96; ed è ancora seconda con 2.00 ai mondiali indoor di Parigi 97. Nel 98 perde l’annata perché è in maternità del secondo figlio. Deve aspettare quindi il 1999 e l’occasione sono i mondiali estivi di Siviglia dove finalmente conquista l’oro saltando 1.99, stessa misura della russa Yelesina. Nel Duemila è solo quinta con 1.96 ai giochi olimpici di Sydney e l’anno successivo deve cedere alla svedese Bergqvist (2.00 pari misura) ai mondiali indoor di Lisbona e poi alla sudafricana Cloete (2.00 entrambe) ai mondiali estivi di Edmonton. Nel 2003 si toglie la soddisfazione di inanellare la Gara Perfetta il 7 giugno a Siviglia: in progressione salta 1.80-1.86-1.89-1.92-1.95-1.97 e 2 metri TUTTI ALLA PRIMA PROVA. Venti giorni dopo a Oslo nei Bislett Games salta 2.01 e stabilisce il WR MF35. Nel 2004, ultimo di carriera, riesce ancora a saltare 1.99 a Mosca in maggio e viene selezionata per i giochi di Atene. Sarà il suo canto del cigno: 1.93 e nono posto. Chiude l’attività sportiva a 37 anni, dopo ben diciassette trascorsi sulle pedane di mezzo mondo.

Yelena Yelesina, nata a Chelyabinsk il 4 aprile 1970, si fa conoscere sulle pedane dell’alto a diciassette anni quando conquista il bronzo agli europei junior di Birmingham con 1.84. L’anno dopo è argento ai mondiali junior di Sudbury in Canada con 1.96 in luglio poi sale a 1.98 in agosto a Nyrezgyhaza. Vince gli eurojuniores di Varazdin nell’89 e nel 1990 sale a 2 metri in sala a Monaco in febbraio, poi a 2.01 ai campionati nazionali per raggiungere 2.02 in luglio vincendo i Goodwill Games di Seattle, fatti per una rappacificazione tra Usa e Russia (non più Urss dopo lo smembramento degli stati sovietici grazie all’abbattimento del muro di Berlino) dopo gli sgarbi reciproci dei giochi di Mosca 80 e di Los Angeles 84.

Nel 91 è d’argento ai mondiali di Tokyo con 1.98 battuta solo dalla tedesca Henkel. Poi tre stagioni anonime e altre due perse per infortuni vari. Nel 1997 la lenta ripresa che si concretizza nel 98 con il ritorno ad alti livelli (1.98 indoor) e nel 1999 quando salta 2.01 a Parigi il 3 luglio e 2 metri al Golden Gala di Roma quattro giorni dopo. Ad agosto è pronta, è tornata, ed ai mondiali di Siviglia dà vita ad un bellissimo duello con la Babakova terminato con entrambe a 1.99 ma con il successo alla rivale per minor numero di errori. E’ la prova generale di quello che succederà l’anno dopo, esattamente il 30 settembre, giorno fissato per la finale del salto in alto femminile ai giochi olimpici di Sydney. A 1.99 superano la barra in quattro: la Yelesina, la sudafricana Cloete, la svedese Bergqvist e la romena Pantelimon. Le ultime due citate si arrendono a 2.01 saltato invece da Yelesina e Cloete al secondo tentativo. A 2.03 sbagliano entrambe ma la russa si aggiudica la medaglia d’oro grazie ad un errore di troppo della Cloete alla quota di 1.96. Poi avrà un sussulto nel 2003 quando salta 2.01 e 2.02 al coperto e vince la medaglia d’argento ai mondiali indoor di Birmingham con 1.99, stavolta battuta dalla Bergqvist con 2.01.

Questi gli scontri diretti tra l’ucraina e la russa:

mondiali di Tokyo 31-8-91 3° Babakova 1.96 2° Yelesina 1.98 mondiali di Siviglia 29-8-99 1° Babakova 1.99 2° Yelesina 1.99 GP di Monaco 11-9-99 2° Babakova 1.96 4° Yelesina 1.96 olimpiadi di Sydney 30-9-00 5° Babakova 1.96 1° Yelesina 2.01 mondiali di Edmonton 12-8-01 2° Babakova 2.00 nq Yelesina 1.88 mondiali ind. Birmingham 16-3-03 8° Babakova 1.92 2° Yelesina 1.99 WAF di Montecarlo 13-9-03 5° Babakova 1.96 7° Yelesina 1.88

Il risultato finale premia la Babakova, vincitrice per 4-3.

Giuseppe Baguzzi

Grandi sfide del salto in alto: Stones vs Wszola (1976-78) e Babakova (91-04) vs Yelesina (90-03)- di Giuseppe Baguzziultima modifica: 2017-12-05T09:09:06+01:00da atleticanotizie
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